Alcune considerazioni in ordine sparso
Ho appena guardato la timeline del mio Twitter: in essa era citata la parola grazia.
Questo mi riporta alla mente un pensiero di cui sono fermamente convinto: quando talvolta si parla di concedere la grazia a qualcuno, generalmente si intende il perdonarlo per un male ch’egli ha commesso. Ma se per caso si discorresse di grazia in merito ad un individuo che non ha colpa alcuna (ad esempio io), piuttosto che trattarsi di un atto di clemenza ci si potrebbe trovare di fronte ad una calunnia.
E le calunnie e la non piena salute, ad esempio, tolgono a mio giudizio valore e dignità alla vita. Ovviamente però non ci si dovrebbe lasciare abbrancare dalle emozioni.
È più importante aspettare finché sia necessario. Poi c’è tempo, molto tempo davanti a sé, per essere soddisfatti. Oppure naturalmente per non esserlo, con tutte le conseguenze a ciò connesse.
Ed infatti io credo proprio tanto nel concetto di soddisfazione: esso è così intimamente intrecciato con la vita che mi piace ripetere la frase: «I’d rather be dead than unsatisfied».
Quindi il pensiero si rivolge ai miei affetti che, appunto, dànno valore all’esistenza. Credo di essere sicuro di averne alcuni grandissimi tra i miei amici (o magari nel mondo di quelli che un giorno saranno tali) e li ringrazio infinitamente. Tra le persone care, soprattutto, c’è mia madre, e mi auguro che ella resti al mio fianco per i prossimi cinquant’anni.
E sicuramente ― mi scappa da dire ― quando un giorno lontano essa percorrerà altri lidi verrà indubitabilmente meno un motivo fondamentale che mi lega a quest’esistenza.
Dopotutto alle cose, anche a quelle più tragiche, bisogna pensarci con largo anticipo.