Davide
Davide è stato il primo ragazzo che ci ha provato apertamente con me, ma all’epoca non ero sicuro di essere gay e rimandavo qualunque azione al momento in cui avessi avuto quella certezza.
(Paradossalmente, accadde soltanto due o tre mesi dopo, e non fu indolore.)
Eravamo in Inghilterra, quasi diciotto anni a testa: lui, appena mi vide, si incollò a me e mi restò sempre a fianco.
Mi chiedeva di raccontargli qualcosa, qualunque cosa, basta che parlassi, ché – diceva – gli piaceva sentirmi parlare.
Un giorno comperai un dizionario e volle firmarlo col suo nome, sicché in futuro mi ricordassi di lui.
Io gli davo retta ma certo non avrei mai mosso un dito: e poi non avevo nessunissima esperienza.
Disperato, tentò in modo rozzo ed estremo:
– Accompagnami in camera, devo fare il bidè.
– Ma…
– Tranquillo, non ti violento.
– Non dico che mi violenti, è che…
– Dài, ti prego.
Lo seguii: lui si appoggiò, quasi si sedette, su di una specie di lavandino molto basso e cominciò a lavarsi.
Si sciacquò meticolosamente per diversi minuti, avendo cura che non un millimetro del suo pene o dei suoi testicoli venisse trascurato.
Si risciacquò e si lavò ancora.
Io m’ero imposto di guardare da tutt’altra parte, tuttavia, con la coda dell’occhio, ogni tanto osservavo in tralice.
– Passami l’asciugamano.
– Tieni.
– Tu non vuoi lavarti?
– Io? Qui? No, no. Tu sei pronto? Andiamo?
– Andiamo!