L’epopea di Gilgamesh
L’epopea di Gilgamesh risale a circa 4500 anni fa: è la prima opera letteraria giunta a noi, incisa in caratteri cuneiformi su tavolette d’argilla che rimontano al periodo dei Sumeri.
Anche se la vicenda è stata spesso inquadrata sott’altra luce, si tratta di una delle più belle storie omoaffettive esistenti, tra l’altro la più antica che ci è stata tramandata.
Ve ne racconto, con parole mie, gli aspetti che più rilevano a questo riguardo.
Gilgamesh era un re, Enkidu un gigante.
Il monarca ricevette un giorno una profezia da sua madre, una sacerdotessa: avrebbe incontrato «un compagno forzuto, che aiuterà un amico nel bisogno […] quando lo vedrai sarai felice, lo amerai come una donna e non ti abbandonerà mai».
Anche l’altro ascolta una predizione simile: ti imbatterai in un re e lo guarderai con stupore; «vedrai quant’è bello, quant’è virile, quanto sarà palpitante di possanza erotica».
Il loro primo incontro è una lotta furiosa e selvaggia, ma termina con un abbraccio conciliatore.
Nel corso del poema, Gilgamesh rifiuta di sposare Ishtar, dea dell’amore e dell’abbondanza. Lei si innervosisce e scatena contro i due il toro del paradiso.
Enkidu – che è un gigante – ha la meglio e praticamente le esprime il suo disprezzo gettandole in faccia una coscia (eufemismo per indicare il pene, a quanto si dice) del toro appena macellato.
Però gli dèi si arrabbiano per questa sfrontatezza: Enkidu è punito con una malattia funesta.
E mentre sta per morire, piange il suo amato amico, lo chiama «l’acqua della vita», quindi spira.
Gilgamesh veglia il corpo per sette giorni e sette notti, poi lo prepara per la sepoltura «come si vestirebbe una sposa»: alla fine ordina che una statua di preziosi metalli sia scolpita secondo le sembianze del defunto.
A quel punto, parte alla ricerca (inutile) del segreto della vita eterna e della giovinezza perpetua. In viaggio confesserà a tutti: dacché Enkidu non c’è più, la mia vita non vale niente.
Queste sono le vicende. Qualcuno ha obiettato che non è mai descritto un rapporto sessuale tra loro, perciò si tratta di una amicizia.