Impronte
C’era un link che girava tempo fa su Facebook: «Incolpo ufficialmente la Disney per le mie aspettative troppo elevate in amore».
Dunque, io no; nel mio caso, i cartoni animati non c’entrano: è stato l’esempio pratico a cui ho assistito a mettermi certe idee in capo.
Soprattutto il fatto che non correva buon sangue tra mia nonna paterna e mia madre, eppure le due convivevano.
Non voglio parlare di certe cose in questa sede, però mia madre, per amore di mio padre, l’ha sopportata per venti anni, in condizioni di gravissimo disagio.
E, per lo stesso sentimento di amore, quando la prima ha avuto un ictus ed è rimasta a letto, in stato quasi vegetativo per un lustro, ha badato continuamente a lei, accudendola di giorno e svegliandosi ogni tre ore di notte, in modo da ripulirla ed assisterla.
Ero piccolo ma ricordo benissimo queste scene.
E credo che questa vicenda mi abbia insegnato cosa vuol dire amare, facendomi capire che può esistere davvero un qualcosa di incondizionato e di puro.
Dev’essere per via di quest’esempio che non ho mai saputo odiare niente e nessuno. E che penso, invece, di aver imparato a provare sentimenti eterni e senza riserve, i quali – mi rendo conto – sono spesso privi di contatto con la realtà e fuori dal mondo.
Il fatto è che, secondo me, il cuore non è sabbia: per questo le impronte vi restano come marchi imperituri.