La mano
Ieri guardavo l’ultimo episodio di Desperate Housewives, quello trasmesso in America pochi giorni fa. Ad un certo punto, Roy dice:
«Alla mia età, l’amore non è tutto il casino che accade a voi giovani. È più come trovare quella persona che sarà lì a tenerti la mano alla fine».
Questa frase è stata emozionante da sentire perché ha riecheggiato un concetto a cui ho pensato tante volte.
Quando frequentavo l’ospedale tutti i giorni, nella stanza a fianco alla nostra c’era una vecchia signora. Avevo sentito parlare tra loro gl’infermieri: era stata portata lì da alcuni nipoti perché nessuno la voleva.
Ed aveva tutta l’aria di trovarsi negli ultimi momenti della sua vita; si sentiva sola, abbandonata, cercava di fuggire da quel luogo.
Perciò sul suo letto era stata montata una protezione che glielo impedisse, quindi si potrebbe dire che era, all’incirca, incatenata.
Tutte le volte che passavo lungo il corridoio, lei mi urlava dietro:
– Giovanotto, portami via!
Io trascino ancora dentro quella richiesta, le minacce del personale, le sue urla, la sua sofferenza: talvolta tutt’ora riaffiorano.
In fondo non so se troverò qualcuno che mi terrà la mano, ho abbracciato il pensiero che potrebbe non essere così.
Ma spero soltanto che in quel caso almeno mi accada qualcosa di subitaneo.